Durante queste bizzarre vacanze natalizie, vessate dalle
restrizioni del SARS-CoV-2, ho letto un romanzo e in questa sede voglio
trattare dell’oggetto che secondo me è stato importante per la creazione e lo
svolgimento del racconto.
Il libro in analisi si intitola Delitto imperfetto di
Teresa Solana, pubblicato nel 2008 a Palermo dalla Sellerio editore.
Questo romanzo giallo narra le vicende di due fratelli
gemelli, Eduard e Pep, i quali possiedono un’agenzia investigativa che vive
molto di apparenze e buone intenzioni e si occupano di problemi poco limpidi dell’alta
borghesia barcellonese. Pep si fa chiamare Borja e fa credere a tutti di non
aver alcun legame di parentela con il fratello. I protagonisti di questa storia
sono agli antipodi: Borja è elegante e con modi sofisticati e Eduard, il
narratore, è un ex impiegato compassato, amante dei gialli, che si è fatto
trascinare dal fratello ritrovato dopo anni nel progetto dell’agenzia
investigativa.
I due vengono contattati da Lluís Font, un politico molto
influente in Catalogna, per cercare informazioni su di un eventuale tradimento
della moglie, Lídia Font, donna molto ambiziosa, con un pittore che l’ha dipinta
in posizione provocante.
Da qui si dipana il racconto che porterà questi due fratelli
peculiari tra tradimenti, reati di poco conto, fino all’omicidio inaspettato di
Lídia
Font, un omicidio pieno di simboli avvenuto per motivazioni evitabili.
Il motore della storia è un oggetto: il quadro che ritrae
miss Font. Questa cosa ha il potere di convincere il marito a chiedere l’aiuto
ai protagonisti e il perché esso sia stato fatto è una delle principali domande
che i due detective in erba sono chiamati a rispondere per buona parte della
trama.
Questo quadro non è un oggetto da mostrare, come avviene normalmente,
ma da nascondere, da non far vedere a nessuno, è la prova che sotto la patina dorata
della famiglia del politico ci sia qualcosa di più basso, torbido e quindi il
cliente e i due fratelli cercheranno, non senza fraintendimenti ed eventuali
scivoloni, di celare.
La conclusione del racconto ci svela che il quadro era stato
creato dal pittore il quale aveva preso come riferimento Lídia,
scattandole una foto su un treno parecchi anni prima, e che l’omicidio della
donna non ha minimamente a che fare con il dipinto riportando tutto ciò ad una
dimensione tragicomica del destino.
La copertina del romanzo che ritrae un quadro di Micheline Boyadjian
[Tutti i link controllati e funzionanti il 13 Gennaio 2020]
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